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Pallavolo 2013 – Il “Piccolo MANIFESTO” di Luca Vettori

(tratto dal n.73/2013 di ivolleymagazine.it) Avevo già in mente di scrivere quanto segue, comunque fosse andata questa esperienza d’Europa. Avrei scritto nel mio intimo, scuotendo come una tovaglia le riflessioni condivise con alcune persone, osservando con lucida commozione quelle briciole preziose cadere. Forse, il mio intimo, oggi, è divenuto qualcosa di cui rendere partecipi ancora più persone.
Mi raccomando: non mi si fraintenda. Ciò che scrivo è una riflessione sulle difficoltà e sulle possibilità dello sport Pallavolo in quanto sistema sociale, non, assolutamente, un’analisi dell’ambito agonistico della Nazionale Seniores Maschile.

Forse sono meditazioni giunte un po’ tardi. Ma non importa.
Si considerino come un piccolo seme lanciato alle intemperie.
Un grande miracolo o una piccola sconfitta.

Il mio pensiero oggi corre al popolo invisibile della pallavolo; all’intero movimento, ad ogni tesserato, ad ogni giocatore ad ogni giocatrice, di qualunque serie; alle selezioni provinciali ed a quelle regionali, alle nazionali maggiori ed a quelle giovanili. Penso al fatto che vi sia una pratica vastissima e diffusissima del nostro sport, ma che, nonostante ciò, la pallavolo continui ad esser percepita come uno sport invisibile. La pallavolo è uno sport vivo ma invisibile.
Perché?
L’unica cosa che possiamo fare è studiare.
Studiare i successi e i meccanismi dalle altre nazioni, dagli altri movimenti, dal passato, tentando di prevedere alcuni passi per il futuro.
Studiare per proteggerci. Proteggere lo sport ed il movimento nazionale. Proteggersi l’un l’altro, consolidarsi. Divenire un sistema compatto e raggiungibile, dalle basi ai vertici, orientato verso una direzione condivisa, una direzione che scansi le proprie volontà individuali e si rivolga verso un punto di vista comune, collettivo, concreto.
Quali sono le mete che la pallavolo si prefissa?
Chi le prefissa?

Io vorrei provare a rispondere, serenamente.
Credo che il movimento debba crearsi un’identità, debba intrecciare le corde sparse di un tappeto sfilacciato. Quindi stringersi, riunirsi e rappresentarsi.
A discapito di quanto si potrebbe credere, proprio questa mancanza di identità ci rende avvantaggiati: noi possiamo essere creatori e fabbri di una Pallavolo da costruire, possiamo indirizzare e spingere la nostra essenza dove desideriamo.
La pallavolo non è stereotipo, non è gossip, non è propaganda o pubblicità.
Io credo la pallavolo possa comparire (e non apparire), finalmente, come Lo Sport che rivendichi valori, Lo Sport che educhi. Sforzandomi di non esser retorico tento di precisare quali valori e perché.
Il valore che più rivendico è quello dell’impegno educativo.
Ovvero il fatto che la pratica di uno sport non debba eclissare esigenze e pulsioni estranee allo sport stesso. Ma piuttosto incentivarne l’importanza e sottolinearne la necessità. Un giovane, quanto un adulto, deve percepire l’importanza e l’attenzione di quanto sta facendo, del proprio lavoro, del proprio hobby; e allo stesso tempo deve comprendere la propria presenza sociale, reale, vitale.

La nostra problematica non è quella della visibilità, ma quella della risonanza. La risonanza deve riuscire a interrogare non solo l’ambiente limitato della pallavolo, ma coinvolgere anche altre direzioni e altri punti d’interesse, proprio quelli che noi vogliamo, quelli che ci possono identificare.
Sarebbe astuto rivolgersi a realtà che abbiano la nostra stessa lacuna di risonanza: due corpi che spalleggiandosi si sostengono e ampliano il proprio orizzonte di popolarità.
Penso al mondo invisibile della cultura: ai teatri, ai cinema, ai circoli letterari. Penso al mondo invisibile della socialità, del sostegno, dell’equosolidale, dell’impegno.
Penso al mondo invisibile della sostenibilità, dell’ecologia, dei prodotti locali.
Penso alle piccole realtà multimediali che strizzano l’occhio allo sport in modo intelligente ed eclettico (schiacciamisto5, iltuovolley …).
E penso a tutte quelle iniziative locali, comunali, che, pur sforzandosi di amalgamare sport e cultura, passano inosservate.
Tengo a precisare l’importanza delle iniziative e delle attenzioni culturali già sostenute da Mauro Berruto.

Nel momento in cui la pallavolo sostiene la cultura, l’etica sociale ed ambientale, viene notata non più solo dalla nicchia sportiva ma da un respiro più ampio e circolare. Parimenti la cultura s’infiltra nello sport, nel pubblico e nell’ambiente sportivo.
Questa non vorrebbe essere una crociata individuale ma un invito.
Sogno rivoluzioni culturali semplici e dirette. Lo sport è il nostro ambiente, questo è il nostro tempo: sta a noi renderci come desideriamo.
La pallavolo è uno sport invisibile ma vivo.
Perciò viviamoCi.
O ancora meglio, mettiamoci in gioco.

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