(James Taboo per iVolleymagazine.it) Earvin Ngapeth è tornato ancora una volta sui giornali non per una prestazione in campo o una grande giocata sottorete, ma per qualcosa che non ha nulla a che vedere con lo sport. Il Maradona del volley (l’accostamento lo facciamo non per la sua vita sfrenata, ma per gli spettacolari colpi che regolarmente ci propone durante le partite) ancora una volta ha fatto qualcosa lontano dal perimetro di gioco che difficilmente nell’ immaginifico popolare viene accostato ad un atleta (che rimane un uomo spesso giovanissimo). Il ritiro della patente e il sequestro dell’auto, dovuti ad una serata in cui ha bevuto ben oltre il limite consentito, hanno fatto il giro dei media d’Italia e probabilmente da oggi li leggeremo sul web in tutto il mondo. I grandi campioni sono ragazzi dotati di qualcosa di eccezionale dal punto di vista fisico e tecnico, ma sono ragazzi con i loro pregi e i loro difetti. E possono sbagliare, come tutti noi. Questo accade in tutti gli sport. Non vogliamo schierarci dalla parte dei moralisti, ma nemmeno da quella di Bruno che ha liquidato la vicenda con una semplice frase “Il privato è privato” o Stoytchev che ha detto “Lo spogliatoio è tranquillo”. Se qualcuno sbaglia è giusto farglielo capire e cercare di evitare che lo faccia ancora.
La giustizia farà il suo corso, probabilmente lento come spesso accade in Italia. Earvin se ha sbagliato pagherà, ma speriamo che questo ennesima situazione borderline gli faccia comprendere che in primis per il suo bene, ma anche per quello della società, certi eccessi vanno evitati, controllati, limitati. Perché guidare in stato di ebbrezza è gravissimo per lui, ma rischiare di far del male agli altri è anche peggio.
Adelante Earvin, ma con juicio
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