L’ex-ct azzurro Mauro Berruto in una lunga intervista rilasciata al collega Doriano Rabotti per il quotidiano nazionale (Giorno, La Nazione, il Resto del Carlino) parla a tutto tondo del suo presente del suo passato e del suo futuro. Sport, politica, pallavolo e tanto altro.
Mauro da due anni dirige la celebre scuola di narrazione e comunicazione Holden, ma è pronto a tornare in campo, non obbligatoriamente quello della pallavolo che si capisce rimane il suo primo amore.
La Scuola Holden – “E’ stata una vera sfida intellettuale, che mi ha portato a contatto con mondi incredibili. A volte ero in ufficio e al piano di sotto stava facendo lezione un premio Nobel per la letteratura… Sono molto orgoglioso dei risultati anche economici ottenuti.”
La politica – Si dice che il Pd lo voglia candidare alle elezioni: “I contatti in realtà risalgono ad agosto, in mezzo è cambiata la legge elettorale e tante altre cose, sembra un’era geologica fa. Comunque vada a finire, sono onorato che abbiano pensato a me, nel caso rappresenterei davvero la società civile perché non ho mai frequentato i partiti e ho una concezione all’antica della politica, quella dell’interesse comune”. Futuro sportivo – Qualche proposta è arrivata, ovviamente dalla pallavolo, anche se quelle concrete erano tutte dall’estero, club o nazionali. Anche se mi sembra più probabile il passaggio ad un’altra Federazione. Che non è la Fidal, come è stato scritto. L’idea è progettare il biennio verso Tokyo”
Le Olimpiadi – “Io so solo che non voglio più vederle dalla tv, quindi l’importante sarà esserci, a Tokyo… Dopo l’interruzione del rapporto con la Fipav, per un anno abbondante non mi sono interessato di questioni legate al Coni. Poi il presidente Malagò mi ha invitato a parlare agli Stati Generali, e a qualcuno è piaciuto quello che ho detto. Ci sono progetti in via di definizione, avrei un ruolo sportivo legato alle Olimpiadi, ovviamente non di allenatore. Vediamo”.
Dimissioni da ct – “Sul piano del dolore personale, da uomo dovrei dire di no, perché ho dovuto rinunciare a un sogno gigantesco. Ma ho l’orgoglio di poter dire che la squadra che a Rio ha vinto l’argento era composta per nove dodicesimi da giocatori che avevano esordito con me tre anni prima, e che dopo quel caso i ragazzi coinvolti mostrarono segni di maturazione. Poi quanto sia durato non lo so, visto il caso delle scarpe di quest’estate…”