(James Taboo per iVolleymagazine.it) E’ di questi giorni l’incredibile notizia della sospensione di 4 anni per motivi disciplinari di Melissa Vargas, il giovane talento cubano, oggi diciottenne, che aveva esordito in nazionale a 13 anni e che da tutti gli addetti ai lavori era considerata l’erede designata della grande scuola caraibica. No, non si tratta di una punizione per doping e nemmeno per una “fuga” dall’isola. A quanto raccontano le cronache “soltanto” di una ritorsione nei confronti della famiglia che aveva presentato una denuncia per il trattamento riservato alla figlia alla scuola dello sport dove era rientrata per curarsi ad una spalla dopo essersi infortunata, mentre giocava autorizzata nella Repubblica Ceca nelle file del Vk Prostejov.
Una vicenda a cui è difficile credere, una delle tante che hanno portato alla ribalta l’isola del volley negli ultimi 20 anni. Perché come se si fosse abbattuta una maledizione, o se preferite un uragano sportivo come purtroppo accade in quella splendida zona del mondo, su una delle grandi scuole della nostra disciplina che continua a partorire meravigliosi talenti.
In questo lunghissimo periodo la pallavolo di Cuba ha fatto parlare di sé principalmente per la fuga dei suoi campioni, che poi avrebbero fatto e stanno facendo e faranno la fortuna di altre nazionali. Ogni volta che l’isola del volley cerca di rialzare la testa accade qualcosa per cui la rinascita si blocca. E di Cuba nella pallavolo ci si ricorda per le gesta di un campione che veste la maglia dell’Italia, o che vestirà quella della Polonia o del Brasile o di qualche naturalizzato per matrimonio.
Soltanto all’inizio della settimana il presidente della federazione cubana Ariel Sainz si era vantato che quest’anno aveva ottenuto di mandare autorizzati a giocare all’estero ben 12 atleti tra uomini e donne (cinque ragazze in Perù, sei uomini in Argentina ed uno Gutierrez a Ravenna in Italia). Sembrava l’annuncio concreto della rinascita di un dialogo internazionale al passo con i tempi dello sport attuale. La vicenda Melissa Vargas invece è la testimonianza che ancora servirà del tempo perché cambi la mentalità sportiva di un paese che da oltre cinquant’anni vive isolato, prigioniero della sua ideologia.
Questa è Cuba: l’isola del volley senza pace.
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