Oggi è il compleanno di Julio Velasco e ci sembra giusto invargli i nostri auguri. Compie 67 anni e li “festeggerà” affrontando con la sua Modena Volley, affrontando La Sir Safety Perugia, in una semifinale di Coppa Italia: l’ennesima partita da vincere di una carriera che ha pochi eguali. Chi è Julio Velasco? Leggete le righe che ha scritto su di lui la scorsa estate Carlo Lisi per vistodalbasso.it, il sito/blog di Leandro De Sanctis, forse dopo saprete qualcosa di più di questo significativo personaggio del nostro mondo.
“Mi sono chiesto tante volte come sarebbe stata la mia vita lavorativa se il destino non mi avesse fatto incrociare Julio. Si, parlo di Julio Velasco il tecnico che di fatto ha cambiato la storia del volley italiano, ma anche quello mondiale. Il destino ha voluto che io arrivassi ad avere il ruolo di addetto stampa degli Azzurri proprio in coincidenza del suo incarico, in quella primavera del 1989 in cui la pallavolo di casa nostra stava programmando di uscire dal suo bozzolo. Forse senza neanche saperlo.
Sono anni lontani, di cui qualche ricordo si annebbia, ma è veramente nitida in me l’immagine della partenza per l’Europeo destinazione Stoccolma: la vita di tutti noi, protagonisti o addetti ai lavori, stava per cambiare strada e nessuno lo sapeva, ma credo che tutti ripensando a quelle giornate abbiano un sussulto. Personalmente partii con in tasca un biglietto aereo per il ritorno, fissato per il giorno seguente la fine della prima fase: nessuno pensava che saremmo arrivati alle finali che assegnavano le medaglie. E per quelle che valevano i piazzamenti non ci sarebbe stato bisogno di un addetto stampa. Perché al massimo a seguire gli Azzurri sarebbe rimasto soltanto Carlone Gobbi. Invece proprio in quei giorni iniziava l’età dell’oro per i “martelli d’Italia” (per copiare il titolo di non mi ricordo quale quotidiano nazionale) e soprattutto Julio Velasco diventava il condottiero di una squadra che non avrebbe più avuto eguali nello sport italiano.
Da allora le trasferte diventarono sinonimo di vittorie e medaglie. Julio divenne l’uomo simbolo dell’Italia vincente, anche se per me era soltanto Giulio l’uomo con cui lavoravo spesso e discutevo di frequente, ma che aveva una dote che ho trovato in poche altre persone nella mia professione: se ti stimava ti ascoltava e poi magari faceva lo stesso di testa sua. Perché in fondo è chi ha la vera responsabilità di una cosa che ha il diritto di scegliere, anche di sbagliare. Ma sempre ascoltando.
La sua dote più grande, a mio giudizio, è la capacità di capire la sincerità e la fedeltà dei collaboratori. La pallavolo è l’unico vero sport di squadra. E la squadra non è soltanto quella che lavora in palestra, ma anche chi lavora al di fuori di essa. Di chi s’impegna con dedizione all’interesse del gruppo.
Se ripenso alle otto stagioni azzurre trascorse con la sua nazionale dovrei scrivere un libro per raccontarle. E non so se arriverà mai il momento di farlo… perché come dicono quelli bravi quello che succede in un spogliatoio non si deve raccontare fuori. Io nello spogliatoio azzurro non sono quasi mai entrato, ma nel mio ruolo ho sempre pensato di farne parte.
L’unico piccolo episodio che voglio raccontare riguarda il magnifico giorno della seconda vittoria mondiale ad Atene: mancava parecchio all’inizio della gara e nell’impianto ancora vuoto, mentre gli Azzurri si stavano preparando per cercare l’ennesima impresa e vincere ancora, incrocio Giulio nel parterre che mi dice: “Dopo quattro anni siamo ancora qua, chi ce lo avrebbe mai detto…” Vicino a noi c’era Mauro De Sanctis, che con un bellissimo scatto riprese le nostre espressioni.
Negli anni ho continuato ad incrociare Velasco in giro per il mondo, ma in parti diverse del “campo”. Ed ogni incontro mi ha dato la sensazione di rivedere un familiare”.