Sono due anni che Carolina Costagrande una grandissima del volley mondiale ed italiano ha attaccato le ginocchiere al chiodo. In una bellissima intervista di Vanesa Valenti per www.lacapital.com.ar, che vi consigliamo di leggere integralmente la nostra Carol azzurra dal 2011 al 2014 racconta la sua vita, la sua carriera, la sua storia passata e soprattutto i sentimenti di una fuoriclasse che si è divisa per due bandiere, amandole sinceramente entrambe. Ecco alcuni passi
OGGI – Da quando ho smesso di giocare, sto collaborando con la mia agenzia di rappresentanza dei giocatori (Sport Consultant Top Volley) ed è quello che mi piace fare. Ho anche commentato per la tv il pre-olimpico di Las Panteras perché la televisione, mi piace ed è un modo per contribuire. Molti mi hanno detto che è bello sentire qualcuno commentare parti più specifiche del gioco, la storia del gioco non uscirà di sicuro, ma se devo commentare l’azione, perché l’ho vissuta così tante volte, posso dare un’opinione. I ragazzi di DeporTV che mi hanno chiamato mi hanno semplificato il lavoro, è qualcosa che mi piacerebbe continuare a fare. Andare alle Olimpiadi di Tokyo ed essere vicino alla squadra nazionale sarebbe un modo per continuare a contribuire. Conosco le ragazze, alcune per amicizia, altre per lavoro, e mi sento vicino a loro.
UNA VITA DIVISA – Ho raccontato un momento della mia vita in cui giocavo e appartenevo alla squadra italiana, la squadra che mi ha consacrato. Anche se ho iniziato qui (Argentina ndr), sono cresciuta qui ed è stato il mio trampolino di lancio, poi ho finito per consacrarmi e realizzare molti dei miei sogni con la squadra italiana. Ho davvero una vita divisa, 18 anni in Argentina e 20 in Italia.
MI SENTO ITALIANA – Sì, lo ho detto e oggi lo ripeto. Non so come spiegarlo. Mentre la frase suonava brutta all’esterno, non mi sono mai sentita in colpa. Mi sento argentina e italiana allo stesso tempo e non c’è niente di sbagliato in questo. Ecco perché provo un’enorme ricchezza interiore e un’immensa gratitudine per la vita per aver potuto vivere in così poco tempo due culture così importanti. Perché noi, e in particolare la mia famiglia, veniamo dagli italiani, quindi non stiamo parlando di dieci generazioni, stiamo parlando di bisnonni che sono venuti dall’Italia. In altre parole, quello che ho fatto lì hanno fatto qui.
NON SONO UN ROBOT – Ci sono molte persone argentine che risparmiano denaro per scoprire le loro origini, ho avuto una passione per la pallavolo e mi sono innamorata dell’Italia, così come posso essere innamorata dell’Argentina. Quindi non ho nulla da chiarire, ma questa opportunità è buona perché là fuori è bello poterlo dire in modo migliore. Come potrei non sentirmi italiano se ho difeso i colori dell’Italia, pianto e urlato di gioia con gli italiani che sono ancora amici? Era impossibile, avrei dovuto essere un robot. E io sono tutt’altro che un robot, anche se le persone là fuori mi idealizzano. L’atleta è idealizzato ma siamo come chiunque, internamente siamo gli stessi, tranne che a volte dobbiamo gestire determinate emozioni perché dobbiamo giocare, esibirci o altro.
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