(Carlo Lisi per Corriere dello Sport) Si è affacciata sulla ribalta del volley italiano ed internazionale da giovanissima, facendo man bassa di medaglie a livello giovanile e proponendosi come leader di una nuova generazione di pallavoliste italiane. Leader in campo a suon di schiacciate e battute vincenti, personaggio anche fuori prima rappresentate della nuova Italia multietnica.
Valentina Diouf possiamo definirla una giovane veterana, perché ancora nel pieno della carriera a soli 27 anni, ma da molto tempo fa parlare di sé: una ragazza di 202 centimetri, con un papà senegalese ed una mamma milanese. E dal capoluogo lombardo è venuta alla luce questa campionessa che con le sue schiacciate ha regalato il primo titolo Mondiale giovanile, guidando nel 2011 l’Under 20 al trionfo in Perù.
La carriera di Valentina Diouf è stata importante, più a livello personale che per i titoli vinti.Dopo essere arrivata a soli 20 anni ad indossare l’azzurro collezionando 106 presenze, Dopo aver giocato da protagonista, dentro al Forum di Assago, la sfortunata finale per la medaglia di bronzo nel Mondiale casalingo 2014, è uscita dai radar della nazionale all’indomani di una doppia dolorosa esclusione nel 2016, in cui fu l’ultima esclusa prima nelle qualificazioni per Rio e poi per i Giochi veri e propri. Quella maglia della nazionale che in cuor suo Valentina cercherà di ritrovare presto a suon di schiacciate, anche in prospettiva Olimpiade di Tokyo.
Negli ultimi due anni Diouf ha vissuto da professionista del volley giocando prima in Brasile e poi in Corea del Sud.
“Sono tornata dalla Corea il mese scorso con un volo quasi surreale in un aereo praticamente vuoto per via della pandemia. Ho visto come l’hanno fronteggiata e limitata in Asia, con un’app tipo quella che che sta per essere realizzata anche qui in Italia. Sono molto contenta delle esperienze che ho fatto all’estero, che mi hanno arricchito moltissimo dal punto di vista professionale e personale.
Due esperienze completamente diverse?
“Tre pallavolo completamente diverse mettiamoci dentro anche l’Italia. In Brasile le atlete sono molto performanti fisicamente. Potenti e molto brave tecnicamente. Anche gli allenamenti sono strutturati di conseguenza. Inizialmente non è stato facile abituarsi, poi dopo mi sono trovata molto bene, quel lavoro era veramente molto adatto al mio fisico”.
Dal Brasile alla Corea del Sud il viaggio è lungo e le differenze nella pallavolo grandi…
“In Corea non ho incontrato grosse difficoltà. Venivo dal Brasile per cui mi ero abituata a sedute intense a ritmi molto alti e mi sono adattata più velocemente. A livello personale sono migliorata senza dubbio in difesa. Quello coreano è un campionato stimolante perché loro sono forti in difesa. Quindi devi trovare il modo di fare punto, deve tentarle tutte per riuscirci”.
E adesso tornerà in Italia?
“Non ho ancora deciso se il prossimo campionato lo giocherò in Italia o all’estero”.
Sono già arrivate delle offerte?
“Ho avuto molte proposte e la cosa mi ha fatto piacere. Offerte sia dall’Italia che da fuori e le sto valutando”.
Giocare in Italia in una stagione molto importante, quella preolimpica potrebbe riaprirle orizzonti importanti…
“Sono cosciente di questa situazione, ma dal canto mio indipendentemente da dove gioco l’obiettivo è quello di fare il meglio possibile, raggiungere i migliori risultati possibili”
Questa prima parte della sua vita nella pallavolo d’alto livello è andata come se l’aspettava? E quali sono le ambizioni più grandi per il futuro?
“Io sono in pace con la mia coscienza sono felicissima delle scelte che ho fatto e di quello che è successo che mi ha portato ad essere questa persona e questa giocatrice oggi. Sono veramente contenta di come è andata e di come sta andando. I prossimi obiettivi sono centrare delle vittorie nei campionati che disputerò, perché mi manca ottenere dei risultati significativi: sino a questo momento ho vinto poco”.
Al di là dei successi e degli ottimi risultati che hai conquistato da giovane ed a livello internazionale, lei è stata un po’ il simbolo, il primo personaggio della nuova pallavolo italiana multietnica, in un paese che sta cambiando.
“A livello agonistico spero di riuscire ad esserlo anche in futuro. Però è vero io sono stata la prima mulatta della storia della nazionale azzurra di pallavolo. E di questo ne vado molto fiera, ho aperto la strada a quella che è la multiculturalità nel volley. Sono molto contenta di questo”.
Cambierebbe qualcosa del suo passato nella pallavolo?
“No, devo dire di no. Sono veramente in pace con me stessa e a posto con la mia coscienza. Io ho un carattere per cui penso subito alle cose di cui potrei pentirmi e cerco di fare tutto come mi sento”