L’Igor Novara denuncia un cambio di formula in corsa per il Mondiale per club femminile, in programma dal 15 al 19 dicembre ad Ankara. Come annuncia la Fivb nel suo comunicato non saranno più otto, ma solo sei le formazioni al via della rassegna iridata e a farne le spese sarà di fatto la terza squadra europea, esclusa al pari della seconda squadra asiatica. Né Novara né Busto Arsizio (terze pari merito nella ultima Champions League) saranno quindi al via della competizione: “Le federazioni internazionali hanno deciso… di non decidere – spiega il direttore generale dell’Igor Enrico Marchioni – di fatto rigettando la nostra proposta di uno spareggio sul campo ma anche rifiutando di prendere una decisione che definisse chi tra noi e Busto Arsizio avesse diritto a partecipare come terza squadra del continente. Il volley internazionale non ci fa una bella figura, il paragone con altri sport è impietoso: è assurdo che per una competizione come il Mondiale per Club non si possa sapere con ragionevole anticipo quante squadre abbiano diritto a partecipare, quale sia la formula e soprattutto quali siano i criteri di qualificazione. Se tutte queste cose fossero chiare, come lo sono per la Champions League o per le competizioni che coinvolgono le nazionali, si eviterebbero parentesi poco edificanti come quella di quest’anno”.
“Ricordo che l’indizione iniziale – prosegue Marchioni – parlava infatti di otto squadre in campo, con un format in essere da oltre cinque anni. Tornare a sei squadre vuol dire tornare indietro nel tempo e comprimere una competizione che nelle sue ultime uscite aveva offerto spettacolo a tutti i livelli. Siamo delusi per non poter prendere parte alla competizione ma sinceramente lo siamo di più per come si sia arrivati a questo. Tra le giustificazioni che ci sono state fornite a sostegno della decisione presa ci sarebbe anche la necessità, in tempi di covid, di una competizione in formato ridotto. Il fatto che questo avvenga dopo una VNL, un’Olimpiade e soprattutto dopo un Europeo itinerante sa davvero di beffa più che di giustificazione…”.