(Saverio Albanese per iVolleyMagazine.it) Dopo più dei trent’anni di luminosa carriera, Marco Bonitta è ancora in auge ed anche in questa stagione ha compiuto un autentico miracolo sportivo, portando i giovani virgulti della Consar Ravenna all’ottavo posto, ultimo utile per l’accesso ai Play Off per il salto in Superlega. Nella sua città natia il tecnico ravennate ha lavorato alacremente, smentendo clamorosamente i pronostici, che davano la Consar come una delle squadre indiziate ad un torneo di sofferenza nella zona rossa della graduatoria generale. L’impresa di Riccardo Goi e compagni è da scrivere negli annali del volley nostrano, ed i ragazzi terribili di Marco Bonitta vogliono stupire ancora, anche se l’ostacolo dei quarti di finale si chiama Tonno Callipo Vibo Valentia, squadra che ha dominato la Regular Season, dall’alto di un organico di qualità superiore, costruito dallo staff tecnico del presidentissimo Pippo Callipo per centrare l’agognato ritorno in Superlega.
Al PalaMaiata la nostra amabile chiacchierata con il prode trainer ravennate ha toccato argomenti di vario genere, non ultimo quell’oro mondiale che luccica ancora di sfavillante luce propria, quando a Berlino, il 15 settembre 2002, l’Italvolley rosa di Manuela Leggeri (dove giganteggiarono Elisa Togut, Francesca Piccinini, Eleonora Lo Bianco e Paola Cardullo), sconfisse gli Stati Uniti in una partita entrata nella leggenda dello Sport italiano (15–11 al tiebreak).
Scevro da compromessi di qualsiasi genere, Marco Bonitta è sempre stato un tecnico abituato a far parlare il campo, puntando tutto sul lavoro quotidiano in palestra, costruendo successi memorabili come il fantastico “triplete” con la Foppapedretti Bergamo nel 1997–1998, e le due Coppe dei Campioni con la formazione orobica nel 1998–1999 e 1999–2000.
Anche nel turbolento post della nazionale femminile, il pigmalione Marco Bonitta ha dimostrato ai suoi detrattori quanto le sue capacità tecniche e umane siano di spessore elevatissimo, aspetto non disgiunto da una umiltà non comune…!
La tragica scomparsa di Julia Ituma ha sconvolto il mondo del volley. Quali sono le tue considerazioni?
“Credo che le parole siano poche in questi momenti; poi è chiaro che dispiace in maniera enorme quando una ragazza così giovane viene a mancare. Personalmente non conoscevo Julia perchè troppo giovane per l’ultimo lavoro che avevo fatto con la nazionale femminile. L’ho vista giocare un paio di volte, e mi è sembrata una ottima giocatrice, che sarebbe potuto esplodere nel futuro. Sinceramente provo un dispiacere enorme”.
In questa stagione, nella tua Ravenna, hai portato un gruppo giovane di belle speranze alla qualificazione ai Play Off. Questo risultato ha sorpreso anche te?
“Un pochino si. Devo dire che abbiamo avuto diverse vicissitudini, abbiamo cambiato il palleggiatore a metà del girone di andata. Abbiamo fatto più punti nel girone di ritorno, in quanto la crescita è stata davvero confortante. A Vibo abbiamo perso tre a uno, ma abbiamo fatto una bella rimonta nel primo set, abbiamo vinto molto bene il terzo: nel finale del quarto set sono venuti fuori loro, ma noi siamo rimasti sempre in partita. Vogliamo onorare fino in fondo i Play Off, ma devo ammettere che la crescita dei miei ragazzi è stata più repentina di quanto mi aspettavo”.
Ripensando a Berlino 2002, dove la tua Italia ha sconfitto gli Usa nella finale mondiale, quali emozioni porti ancora nel cuore?
“Sono passati davvero tantissimi anni, ma faccio sempre molta fatica a parlarne perché è una emozione indescrivibile che non si può dimenticare, anzi, forse aumenta con il passare del tempo perché ho visto queste ragazze crescere, ho visto queste ragazze diventare grandi campionesse, e poi diventare adulte, mamme e mogli. Oggi sono più legato di ieri a questo grande successo, soprattutto ad un gruppo meraviglioso”.
Quale era la reale forza di quel fantastico gruppo di atlete che avevi creato?
“Un gruppo molto coeso sia dal punto di vista umano che dal punto di vista degli obiettivi. Ragazze che si conoscevano da tantissimo tempo, un nucleo grande, Anna Vania Mello, Francesca Piccinini, Elisa Togut, Eleonora Lo Bianco, Simona Rinieri. Hanno fatto il Club Italia insieme, hanno giocato insieme, un gruppo granitico con una grandissima capitana che era Manuela Leggeri. Volevamo dimostrate a tutto nel mondo che anche la pallavolo femminile era in grado di esprimere della qualità importante e vincere qualcosa di prezioso, le mie ragazze mi hanno seguito con grande abnegazione, sono state splendide”.
Trovi delle analogie o delle similitudini tra quella Italia del 2002 e quella di oggi, a distanza di quattro lustri?
“C’è una similitudine perché anche questo gruppo viene da una Olimpiade conquistata, e giocata purtroppo non benissimo, che è quella di Rio. Poi il gruppo è andato avanti, ha fatto tesoro dell’esperienza vissute, poi è arrivata una meritata medaglia d’argento ai mondiali in Giappone nel 2018, una medaglia di bronzo in Olanda e Polonia nel 2022, trionfando agli Europei del 2021 a Belgrado nella tana della Serbia. Una squadra che è arrivata comunque ad alto livello. Manca la grande ciliegina che non siamo riusciti a mettere”.
Sei anche stato testimone in panchina del cambio generazionale che ha contribuito a generare l’Italia guidata adesso da Davide Mazzanti., lanciando anche Alessia Orro e Paola Egonu nella seniores quando avevano 16 anni…
“Le ragazze che ho portato alla vittoria mondiale le ho prese dal gruppo di Angiolino Frigoni, e prima ancora del Club Italia di Julio Velasco. Le cose vengono poi un po’ da lontano, bisogna aspettare i frutti nel momento giusto: il gruppo di Davide Mazzanti ha grandi qualità. Questa volta ho fatto il percorso inverso, cioè ho creato il gruppo, l’ho portato li è qualcuno ha raccolto i frutti, ma è nella logica delle cose”.
A tuo avviso, in futuro quale sarà l’evoluzione tecnico agonistica del volley?
“Non so, credo che ci potrà essere qualcos’altro, probabilmente anche la possibilità al libero di fare qualcosa in più, qualche cambio più libero, forse anche la rete per i maschi potrà essere alzata. Faranno degli esperimenti, come hanno già fatto con il ruolo del libero, ma è uno sport che comunque in evoluzione e qualcosa succederà”.
Ti senti più allenatore da club o da nazionale?
“Da nazionale”.
Alla soglia dei sessant’anni, nel tuo bagaglio di tecnico di successo porti anche dei rimpianti?
«Rimpianti ce ne sono tanti, quello più grande è l’Olimpiade 2004 con una squadra che secondo me poteva arrivare a medaglia. Purtroppo Cuba contro di noi giocò la partita della vita, e perdemmo 16-14 al tiebreak nei quarti di finale, con le cubane che poi conquistarono la medaglia di bronzo”.
A Parigi 2024, l’Italia del Volley rosa riuscirà finalmente a conquistare l’agognato oro Olimpico?
“Non so se riuscirà perché bisognerebbe avere la sfera di cristallo, ma sicuramente le qualità per farlo ce l’ha. Le nostre ragazze avranno un’altra occasione e dovranno cercare di sfruttarla al meglio. Rispetto ai maschi, nella pallavolo femminile la nazionale non è ancora riuscita a centrare l’ingresso in semifinale, e speriamo che ci riesca proprio a Parigi 2024”.