Mauro Berruto, ex-ct della nazionale maschile, oggi Onorevole nella Camera dei Deputati è intervenuto sulla vicenda della rinuncia all’azzurro di Paola Egonu, lo ha fatto con una intervista rilasciata a Giorgio Marota per il Corriere dello Sport, in cui ha sottolineato alcuni aspetti della gestione di una squadra di pallavolo e di quanto oggi nello sport di squadra per eccellenza si dia troppa importanza all’ “io”, soprattutto sottolinea come la nazionale, la maglia azzurra “è un’istituzione alla quale bisogna portare rispetto”.
Ecco alcuni stralci dell’intervista
“Dan Peterson diceva “Mai sanguinare davanti agli squali”. Ecco, ogni allenatore dovrebbe tatuarsi questa frase”. E nessuno può negare che la rinuncia di Paola Egonu alla Nazionale ha creato problemi ed imbarazzi, al ct, alla nazionale, alla Fipav ed al Coni.
CHI HA SBAGLIATO? – “Dare un giudizio è difficile senza conoscere la storia da dentro. Ma conosco Davide, un professionista serio. E ha ragione il presidente Manfredi quando dice che ora bisogna solo pensare ad andare alle Olimpiadi. Una cosa però la so: ci vuole più cultura dell’azzurro in questo Paese, come ha giustamente evidenziato il ministro per lo Sport Abodi. E faccio anche un’autocritica sui tecnici: ci sono allenatori che quando passano sradicano tutto come si fa con le radici del ginseng e da quel terreno non cresce più niente. In Nazionale non costruisci solo per te stesso, lavori per il futuro – poi ha aggiunto – Dico soltanto che la Nazionale non è un club. E che la Nazionale non è per tutti. Poi ci sono le dinamiche della pallavolo, che hanno un peso… Lei conosce un altro sport in cui passare la palla ai compagni è una regola? Attenzione a focalizzare tutto nella dinamica del rapporto Mazzanti-¬Egonu, perché sono sicuro che non è così. Ci sono anche altre 11¬-12 giocatrici”. Si esalta troppo l’individuo anche nei contesti di gruppo? IL TALENTO NON E’ TUTTO – “Purtroppo siamo nella società in cui l’io prevale sul noi. Il talento non è tutto. Per arrivare puntuali all’allenamento, per lasciare in ordine lo spogliatoio, per rispettare il tuo allenatore, le tue compagne, il tuo club, la tua federazione o i tuoi tifosi non serve il talento, serve l’atteggiamento giusto”. Berruto nel 2015 lasciò la nazionale per un episodio che lo aveva portato ad allontanare 4 azzurri durante un trasferta a Rio de Janeiro: “Non potevo tradire quello in cui ho sempre creduto. Quelle dimissioni restano una cicatrice. Ma se fossi tornato indietro non avrei potuto più allenare quel gruppo e avrei perso credibilità agli occhi della squadra”.
LE STAR IN PANCHINA – “Non esiste un allenatore al mondo autolesionista che gioca per perdere e di solito non si mette in panchina chi ti fa vincere le partite. Se lo fai, c’è un motivo legato a questioni tecniche, oppure valoriali e comportamentali”.