Intervistato da Maurilio Barozzi per l’Adige, Angelo Lorenzetti alla vigilia del ritorno a Trento, ma su un’altra panchina racconta del trionfo della sua Perugia nel Mondiale per club maschile. Ecco alcuni passaggi.
A VINCERE SONO I GIOCATORI – “Io campione del mondo? A vincere sono i giocatori: sono loro che vanno in campo. L’allenatore che vince ha a disposizione squadre buone. Il Mondiale per club è poi un torneo particolare, con livelli di anno in anno diversi anche se alzare le braccia non è mai semplice. Perugia arrivava all’appuntamento da squadra detentrice del titolo e dunque i ragazzi erano consapevoli di dover vendere carissima la pelle”.
SENZA LEON – “Sono stati bravi ad avere grande attenzione fin dal primo momento. Per quanto riguarda Leon, se stanno bene tutti gli altri riusciamo a trovare le soluzioni alternative. Il problema si acuirebbe qualora ci fosse qualcun altro che non sta benissimo, dato che il rientro di Leon a pieno ritmo non è previsto in tempi rapidissimi”.
RITORNO A TRENTO – “Sarà senz’altro una giornata speciale in una città speciale e di fronte a una società speciale. Lì mi hanno adottato e me ne sono andato con grande dispiacere proprio perché avevo trovato l’ambiente ideale sia per le relazioni personali che per la qualità del lavoro. Penso che il periodo di Trento resterà per me indelebile nell’album dei ricordi, una pagina da sfogliare ogni momento in cui si ha bisogno di farsi coccolare”.
ITAS-SIR PER IL PRIMATO – “Sì ma conta poco, ora. Certo, essere là in alto fa piacere ma è molto presto per tirare somme. Finora l’analisi tecnica dei dati dice che Perugia ha dei numeri buoni ma non come quelli della squadra dello scorso anno: forse in fase break ci avviciniamo ma in cambio palla siamo sotto. Viceversa, Trento ha dati ancora migliori di quelli che aveva lo scorso anno in questo periodo”.
RICORDI DEL GRUPPO – “Quando guardo le partite, in certe azioni mi viene ancora l’istinto di chiamare i ragazzi per nome. Rivedo in campo molti schemi che conosco e, ogni tanto, anche qualche cosa che mi faceva arrabbiare. Dunque penso proprio di sì: sento ancora questo gruppo un po’ “mio”. Un gruppo nato da un’emergenza, con un progetto in via di definizione in cui i ragazzi hanno saputo imporsi grazie alla loro qualità. Tra l’altro, anche i due nuovi innesti erano nei piani dell’Itas già da tempo: l’idea di Rychlicki dovemmo abbandonarla per questioni di budget mentre di Kozamernik, un ragazzo d’oro che conoscevo bene, avevamo parlato nel periodo in cui Lisinac era incerto se rimanere a Trento”.