Pallavolo Parigi 2024 – Il primo storico oro olimpico nella volley è il trionfo delle piccole cose fatte bene

(Giovanni Armanini per iVolleymagazine.it) Non serve essere amiche per vincere. Serve lavorare di squadra, aiutarsi. Quando sento il ritornello “abbiamo vinto perche’ siamo un bel gruppo” mi viene da ridere: e se avessi giocato male, il gruppo non sarebbe bastato? La verità è che bisogna essere squadra, non andare a cena insieme”. Le ragazze del volley femminile a Parigi hanno dato a tutta Italia il piacere di poter celebrare un torneo storico incorniciandolo dentro l’antiretorica del divo Julio redivivo, andando oltre le banalità che la narrazione sportiva spesso ci propina.

Il primo storico oro olimpico nella pallavolo è il trionfo delle piccole cose fatte bene. Le qualità le conoscevamo ma serviva qualcuno che le semplificasse mettendole in ordine senza voli pindarici. Un esempio? Richiamare Monica De Gennaro, 37 anni, che serviva come l’acqua ed è tornata. Sicuramente oggi c’è qualcuno che sarà fortissimo a Brisbane ma oggi serviva lei.
Una vittoria che ha il volto di Carlotta Cambi e Ekaterina Antropova: essere potenziali titolari in più della metà di chi ha giocato i quarti ed accettare le rotazioni per onor di patria non è “forza del gruppo” ma “forza individuale” di chi compete per vincere.

Ha vinto anche la strategia. La femminile arrivava a questa stagione con lo stesso gap (la qualificazione mancata nel 2023) da colmare della maschile. Poi ci sono state almeno tre cose che ne hanno decretato il successo.
Primo: il fatto che le finali di VNL sono state vissute come una tappa di costruzione e non come un fastidio.
Secondo: la capacità, dicevamo prima, di costruire un progetto tecnico facendosi forza delle rotazioni (il primo Velasco lasciava a casa il palleggiatore più forte d’Italia, Fabio Vullo: tutti cambiamo, ci mancherebbe).
Terzo, l’avere, e qui dobbiamo pur dirlo, la squadra più forte e che in quanto tale si è espressa nel momento chiave, perché va bene tutto ma poi alla fine mettere i palloni per terra è soprattutto una questione tecnica.

Un anno fa dopo il fallimento preolimpico sembrava che il famigerato gruppo avesse perso la traccia, ed allora è stato giusto ripartire da uno che ti spiega che il gruppo è zero: vale la somma delle volontà.
Quello fu un fallimento senza se e senza ma, che é giusto chiamare così perché un conto sono le cose che ti sfuggono per un’inezia, un altro quelle in cui non ne indovini una e dove pure gli alibi diventano aggravanti. Ed allora è giusto non abusare dei termini per non svuotarli, inflazionandoli, ma nemmeno rifuggirli per anticonformismo.

E giusto dire che a volte non conta solo vincere ma anche come vinci: 17 set consecutivi vinti. Impresa monumentale.
“Chi perde spiega”, dice un altro dei famosi aforismi velaschiani. Ma il segreto non sta nella spiegazione di oggi, quanto nella lezione imparata di domani.
35 anni dopo il primo titolo internazionale (l’Europeo 1989 con l’Italia Maschile), Julio Velasco ha chiuso un cerchio. Il primo ciclo lo chiuse nel 1996 dicendo: “c’è stata troppa identificazione, che è un male sia per me, sia per il collettivo. Troppa pressione, e poi l’identificazione della squadra con la mia persona”.
Velasco é allenatore di campo e allenatore di comunicazione, insegna ai giocatori ma anche ai giornalisti. Lo fanno anche altri grandi in altri sport, sia chiaro, prendete Pep Guardiola ad esempio. E la sua piú grande lezione è il relativismo sportivo, ostentato anche prima della finale: nessuna ossessione dell’oro, godiamoci il momento, pensiamo a quello che abbiamo e al qui e ora. Tutto bellissimo. Relativizziamo. E in ossequio al “tutto è relativo” diciamolo: anche Velasco è relativo. In quel momento non stava facendo una lezione universitaria o un training aziendale, parlava prima di tutto alle sue giocatrici, per interposte persone, in vista della finale.

Velasco minimizza la narrazione del gruppo, poi però il suo gruppo o costruisce con gente del qui e ora, che voleva vincere adesso, senza aspettare Godot. E per plasmare un dream team in campo ha creato un dream team di tecnici con Massimo Barbolini e Lorenzo Bernardi. Ha vinto la squadra più forte perché nel 2024 si gioca troppo e quando si alza l’asticella vince chi ha il valore medio della rosa più alto e lo esprime set dopo set, non chi ha i più forti in assoluto con gli altri sommati a fare numero. Adesso sarà più bello andare a cena insieme.