Pallavolo Storie – Davide Mazzanti allenatore, amico, marito e padre

Maestri di Sport, La rubrica de ilfattoquotidiano.it con le interviste agli allenatori che hanno primeggiato nella loro disciplina oggi ha come protagonista il ct delle Azzurre campionesse europee Davide Mazzanti. Un excursus che parla del suo modo di essere allenatore, passando per la sua famiglia, per il suo vice (e amico d’infanzia) Matteo Bertini, per le sue atlete, per come vede il mondo in cui ormai lavora da molti anni. Ecco alcuni stralci.
LA FESTA NELLA SUA MAROTTA – “La judoka Lucia Morico, con la medaglia di bronzo appena conquistata alle Olimpiadi di Atene, tornò a Marotta e fece il giro del paese in Ape car. Nel 2004 avevo appena iniziato ad allenare. Scoccò la scintilla. Un giorno mi sarebbe piaciuto vivere le sue stesse sensazioni. Dopo l’Europeo
una volta rientrato a casa, mi sono finalmente goduto la vittoria di Belgrado. Ho vissuto in pieno la gioia del mio paese, insieme al mio vice Matteo Bertini”.
IO E MATTEO BERTINI – “Matteo allena Trento in A1. È un grande tattico, uno dei migliori in circolazione. Ha un anno meno di me e siamo cresciuti in via Damiano Chiesa, dove entrambi abitavamo. Suo papà gestiva il bar Acli e costruì un minuscolo campo da pallavolo dietro al locale, là abbiamo trascorso da ragazzi tutti i nostri pomeriggi. Oggi purtroppo non ci sono più né la chiesa né il bar. Io ho iniziato ad allenare prima di Matteo perché lui era bravo a giocare e ha continuato a farlo per più anni. Abbiamo lavorato molte stagioni negli stessi staff, ora proseguiremo in Nazionale fino alle Olimpiadi in Francia”.
DA TOKYO A BELGRADO – “Fallimento olimpico? Rispetto alle aspettative iniziali, sì. Sono tornato da Tokyo deluso, avevamo immaginato dei Giochi diversi… Non è stato facile tornare in campo, avevamo perso l’entusiasmo che c’era durante le pre olimpiadi. Ho fatto pochi cambiamenti: una gerarchia più definita e sistemato qualche dettaglio a livello tattico. La differenza tra vincere e perdere è spesso molto sottile. Al rientro in palestra ho faticato a trovare le parole, non volevo usare le stesse che avevano preceduto i Giochi perché avrebbero toccato una ferita ancora aperta. Ho cercato di dare loro una consapevolezza tale che le facesse tornare a giocare bene a pallavolo. Sono state brave, le ragazze. Hanno fatto un gran lavoro su loro stesse”.
RAPPORTO CON LA SQUADRA – “Cerco di essere collaborativo, parlo molto con loro. In vista di Belgrado ho cercato però di essere più direttivo, ho pensato che in quel momento avessero bisogno di questo. Quindi c’è stato un po’ meno dialogo rispetto al solito”.
LA FRASE SUI SOCIAL – “Non sono pentito, perché io quelle cose non le ho mai pronunciate. Un titolo di un giornale ha modificato totalmente la mia idea. Anzi, avevo elogiate le ragazze, dicendo che al giorno d’oggi è molto faticoso restare concentrati con tanto rumore attorno. Non era un monito né un tentativo di polemica. Io non leggo e non posto nulla sui social, qualcosa in più l’ho pubblicato durante il lockdown ma ho capito che quella è una responsabilità che non è nelle mie corde. Per chi ha molti followers, è tutto molto più faticoso. E le ragazze ne hanno molti più di me, ci vuole poco del resto… Io comunque penso che lo sport abbia anticorpi per resistere ai social… “Oggi i giovani hanno tanti contenuti a cui affidarsi, possono trovare non solo nel web tutto e il contrario di tutto. Ma lo sport, così come la scuola, deve allenare il senso critico. Lo sport può aiutare a capire cosa è importante, la didattica di insegnamento deve essere aggiornata”.
I MIEI MAESTRI – “Ero al primo anno di ingegneria. Studiavo e aiutavo mio fratello a consegnare a domicilio le bombole di ossigeno per malati. Quell’estate venne ad allenarsi a Marotta la Nazionale Juniores, composta da giocatori miei coetanei. Vidi come lavorava Angelo Lorenzetti, oggi allenatore del Trentino Volley maschile. È stata un’illuminazione. Ho cambiato facoltà e mi sono iscritto all’Isef. Considero lui il mio maestro… Julio Velasco. Tante cose sentite da lui in quegli anni, le avrei capite meglio nel tempo. Ho avuto la fortuna di conoscerlo, di ascoltarlo da vicino, approfondendo i suoi concetti ancora di più. Ha cambiato la pallavolo, era avanti 20 anni ed ora è ancora attuale. Dopo Belgrado mi ha mandato un messaggio per complimentarsi”.
LAVORARE CON LA MOGLIE – “Con lei in formazione, ho conquistato tre scudetti. L’anno del primo titolo non eravamo ancora fidanzati. L’ho allenata anche al Mondiale in Giappone nel 2018, dove siamo arrivati alla medaglia d’argento. È stato più difficile per lei che non per me perché è lei che poi entra in spogliatoio con le compagne. Diventa complicato soprattutto quando c’è nel suo ruolo un dualismo con un’altra giocatrice. Ma Serena (Ortolani ndr) è un esempio in palestra per come vive la pallavolo e questo aiuta molto”.
LA FIGLIA GAIA – “Ha 8 anni e ha appena iniziato con la pallavolo, dopo aver provato ad andare a cavallo. Finora non ha mostrato tanta passione per il volley, ma in questi giorni la sto vedendo emozionata e più partecipe. Ora chiede di giocare anche in casa. Io faccio finta che tutto questo non mi interessi, rispettando i suoi tempi”.