(Carlo Lisi per il Corriere dello Sport) Ieri grande, grandissimo campione, autentico personaggio vincente nella pallavolo del primo decennio degli anni 2000; oggi tecnico da copertina, che ha salutato il 2021 dopo aver alzato la Champions League con i polacchi dello Zaksa in maggio e aver dominato l’andata della Superlega con Perugia, che viaggia veloce come uno shinkansen giapponese – 13 vittorie su 14 gare – con l’unica sconfitta maturata dopo un autentica battaglia contro Modena (2-3). Nikola Grbic quando alzava sapeva bene come far attaccare al meglio i suoi compagni e ora sa condurre con equilibrio e concretezza i tanti campioni che gli vengono affidati.
Grbic, c’è qualche segreto dietro l’eccellente percorso fatto sin qui dalla sua Perugia?
“Ho una squadra di ragazzi che, nonostante la loro bravura e l’innegabile valore a livello assoluto, sono rimasti con i piedi per terra. Sono grandi professionisti che lavorano e s’impegnano per arrivare insieme a un obiettivo comune. Si sanno sacrificare per la squadra».
Ha trovato qualche difficoltà all’inizio, dovendo guidare così tanti campioni?
“No. Ho trovato ottimi giocatori che sanno di poter raggiungere grandi risultati, vogliosi di spingersi oltre e fare più e meglio di quello che facevano in passato, uscendo dalla loro zona di comfort. All’inizio è chiaro che ci dovevamo conoscere, ma non c’è stata mai nessuna incomprensione o musi lunghi. Hanno subito dimostrato di aver fiducia in me, hanno messo in mostra la loro professionalità per cercare di migliorare. Insomma, sin dall’inizio si è creata una fiducia reciproca. Più tempo passa, più diventa solida. I risultati stanno arrivando e questo mi permette di esprimere le mie idee e metterle in pratica”.
Quale è la sua filosofia di gioco?
“Spingere in allenamento, sacrificarsi. Lo stiamo facendo tutti».
La sua strada si è incrociata con Simone Giannelli: c’è qualcosa in lui in cui rivede Nikola Grbic palleggiatore?
“In comune abbiamo la fisicità. Anche io ero alto e saltavo, dal punto di vista fisico siamo simili, ma la sua pallavolo è diversa dalla mia. E’ un fuoriclasse, sia per come gioca, sia per come si applica per crescere e migliorare. Ha il carattere giusto per essere un campione».
Fenomenale in campo, adesso grandissimo tecnico: qual è la sua qualità più importante?
“Se c’è una cosa che ho imparato da quando faccio questo lavoro e che devo essere sempre me stesso, autentico. Per riuscirci devi aver vissuto tante situazioni e tante esperienze, per capire qual è la tua metodologia e il tuo modo di intendere il gioco. Credo che la parola “autentico” riassuma tutto questo. In me c’è l’autenticità di trasmettere alla squadra le cose in cui credo”.
Lei era già stato a Perugia all’inizio della carriera di tecnico, Sirci l’ha rivoluta in panchina e ora non perde occasione per apprezzare il lavoro che sta facendo. E’ cambiato lei o è cambiato il presidente?
“Lui è rimasto quello che era sette anni fa. Certo, anche lui è un po’ cambiato. Ma quello che è cambiato di più sono io. Ho imparato tanto da esperienze che mi hanno formato, che mi hanno aiutato a diventare un tecnico migliore. Anche Perugia è un po’ diversa come società, ma soprattutto sono cambiato io. Per un allenatore credo che sia una cosa molto importante”.
Oggi c’è una partita significativa contro una squadra forte come Trento.
“Sarà come sempre una battaglia. Loro giocano in casa. Tre giorni fa hanno vinto, giocando benissimo, a Milano. Li vedo in forma, non deve ingannare la sconfitta contro Verona quando non erano al completo. Noi siamo ancora in emergenza. Ci saranno i tre giocatori che hanno appena superato il Covid, ma escono dalla quarantena, non sono in gran forma e non ce la fanno a reggere una partita ad alto livello senza correre il rischio di infortunarsi. Quando vieni da un periodo in cui sei stato fermo, puoi sempre farti male. Sara una partita vera in cui spero riusciremo ad esprimere il gioco delle ultime settimane”.
Quello che sta accadendo a livello di contagi preoccupa la squadra?
“Noi abbiamo affrontato Verona che già aveva tre positivi: il giorno dopo la partita ne aveva nove… E’ chiaro che abbiamo giocato contro una squadra che era stata contagiata. Adesso non so se noi abbiamo preso il virus, per i controlli che abbiamo fatto, anche gli ultimi di questa mattina (ieri ndr), siamo tutti negativi. Ma la preoccupazione non dipende da questa singola gara, bensì da tutto il periodo che stiamo vivendo… Noi siamo gli unici che non ci siamo mai fermati, il che è un bene. Però la preoccupazione c’è. Siamo stati bravi a non farlo incidere sulle nostre prestazioni. Noi continuiamo a lavorare e a giocare, ma la preoccupazione non ce la può togliere nessuno”.
Foto di Michele Benda