(Leandro De Sanctis – per il Corriere dello Sport del 16/10) Tutto è ancora da vivere e, magari, da conquistare, con la speranza che il meglio debba ancora venire e che la magnifica Nazionale guidata da Davide Mazzanti possa tornare in Italia con un premio tangibile per ciò che ha mostrato e dimostrato in questo Mondiale giapponese.
Ma le dieci vittorie consecutive, l’ingresso nella semifinale iridata per la quarta volta nella storia del volley azzurro (2002, 2006, 2014 le precedenti occasioni: un oro e due quarti posti alla fine), consentono già qualche considerazione. Partendo dalle emozioni vissute nella partita con le giapponesi, con quel tie-break griffato dalle bordate di Paola Egonu ma costruito e risolto con l’apporto di tutte: nel momento della verità sono arrivate le battute di Lucia Bosetti, i guizzi di Sylla in posto 4 (e quella murata con la mano destra aperta), le scelte della Malinov, le difese della De Gennaro, il muro della Danesi, la presenza della Chirichella. Il primissimo piano sullo sguardo concentratissimo Egonu e sulla sua concentrazione hanno quasi trasfigurato il bomber azzurro, che in quei momenti sembrava quasi il suo avatar animato protagonista dello spot con cui la Rai lanciò i Mondiali.
È difficile trovare una Nazionale italiana che abbia puntato forte sulla gioventù come ha fatto la pallavolo azzurra femminile e non da oggi. La diagonale Malinov-Egonu è la più giovane dei Mondiali, il ct Mazzanti si è presentato con cinque teen-ager, capitano è Cristina Chirichella che ha 24 anni e che, ventenne, fu lanciata da Bonitta (un tecnico che non ha mai esitato a puntare sui giovani) nel precedente torneo iridato. La gioventù non è un valore di per sé, naturalmente, se non è coniugata con la qualità e con la possibilità di esprimerla. E sotto questo aspetto il sistema Club Italia-Campionato, la sintonia raggiunta tra Federazione e Lega Femminile, può essere considerato uno degli ingredienti fondamentali del boom delle giovani azzurre. Oltre all’enorme bacino di tesserate, il volley femminile ha affinato il sistema che produce giocatrici di alto livello: partendo dal fenomeno Volleyrò a Roma (società che nacque proprio con l’obiettivo di diventare una fabbrica di talenti), proseguendo con il Club Italia che venendo ammesso a partecipare al massimo campionato, ha consentito alle atlete di giocare, di misurarsi con atlete di alto livello, in situazioni emotivamente significative a livello agonistico. È quanto è mancato e manca alla Nazionale maschile, che invece fatica enormemente a trovare ricambi per restare ad alto livello.
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